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20 Ottobre 2022

Alpinismo e Spedizioni · Vertical · Resto del Mondo

Himalaya: rinunce su Jannu e Manaslu

Jannu Est. Foto: Mikel Zabalza

Team americano lascia il Campo Base dello Jannu

Il team americano guidato da Alan Rousseau, ha rinunciato alla parete nord dello Jannu (7.711 m), in Nepal, a causa delle condizioni pericolose della montagna. Namgya Sherpa fondatore di Grand Himalaya Expeditions ha dichiarato a ExplorersWeb che gli alpinisti lasceranno il campo base oggi.

Si attendono, invece, notizie, dalla squadra spagnola impegnata sullo Jannu Est (7.468 m).
Il team composto da  Mikel Zabalza, Ekaitz Maiz, Iker Madoz e Mikel Inoriza, ha subito una defezione. La scorsa settimana Mikel Inoriza è stato evacuato a causa della febbre dengue,  l’infezione virale trasmessa principalmente dalla puntura di zanzare infette, che gli ha causato “quasi una settimana di febbre molto alta”, non permettendogli nemmeno di raggiungere l’altitudine in cui il gruppo ha posizionato il Campo Base. Lo scalatore è già rientrato in Spagna.

Approfondimenti sulle due spedizioni

Team francese abbandona la parete ovest del Manaslu

Anche se non c’è ancora la conferma ufficiale, sembra che i francesi Helias Millerioux, Charles Dubouloz e Symon Welfringer abbiano rinunciato al loro tentativo in stile alpino sulla parete ovest del Manaslu.

Millerioux, che sta raccontando la spedizione a puntate sui suoi canali social, ha scritto: “E’ tempo di tornare in Francia. L’ombra della morte è troppo presente in Himalaya…”

Il team francese a Kathmandu, settembre 2022. Fonte Symon Welfringer facebook

 

“L’Himalaya in questa stagione è stata impossibile. Il monsone non ha dato tregua da metà settembre a metà ottobre – continua Millerioux nel secondo episodio  Siamo stati sottoposti a piogge continue. Durante il nostro acclimatamento sulla via normale del Manaslu, ho la possibilità di osservare cosa sia il turismo di massa in alta quota. Personale del campo base, portatori, guide, clienti non scalatori, corde fisse di diversi chilometri… ci sono un buon mezzo migliaio di pretendenti alla vetta.
Durante il nostro pellegrinaggio al campo 2 ho detto ironicamente ai miei due compagni di cordata: “C’è qualcosa di bello in questa montagna, quando si muore non si muore da soli. Qui la morte è un atto collettivo. Può essere quasi gioioso.
Presi da questa spirale, siamo rimasti sorpresi dalla nostra accettazione del rischio di fronte alla quantità di neve che stavamo affrontando. Senza la traccia aperta dagli Sherpa la nostra acclimatazione si sarebbe fermata a 5800m!
Poche ore dopo ci siamo imbattuti in Jim Morrison al Campo 2. Sembrava molto serio: la mattina stessa aveva perso la moglie mentre sciava sotto la vetta […]. . Abbiamo appreso che un’altra valanga aveva travolto 15 persone tra il Campo 3 e il Campo 4, provocando molti feriti e la morte di uno Sherpa. Le domande arrivano velocemente, ma a che punto siamo? Cosa ci facciamo su questa montagna? Che ne è della nostra valutazione alpinistica?”